Le straordinarie avventure di HR ed Europa 2020!
C’era una volta una strana creatura mitologica, abitante delle medie e grandi aziende di tutto il mondo. Viveva in luoghi isolati e a volte poco accoglienti dell’azienda, generalmente nell’ultimo ufficio del corridoio, quello più cupo, con la porta scricchiolante, la luce fioca proveniente dalla piccola finestra posta nella parte alta della parete e una scrivania sempre colma di carta. Colonne di carta lo circondavano, tanto che alcune volte, allo sguardo fugace lanciato dai pochi passanti del corridoio all’interno dell’ufficio, il suo abitante sembrava confondersi perfettamente con la carta circostante, assumendone perfino colore e consistenza. Il suo nome? Potente quanto misterioso: HR.
Perché una figura mitologica? Perché di lui si sentiva spesso parlare nei corridoi dell’azienda. “L’ha detto l’HR”, diceva uno. “Devo farmi approvare il piano ferie dall’HR”, diceva l’altro. Ma chi fosse nell’esattezza questo HR nessuno lo sapeva. L’unica cosa certa è che tutti l’avevano incontrato almeno una volta nella vita, nel momento forse più delicato della loro storia lavorativa e professionale: quello del colloquio di assunzione. L’HR è, infatti, una creatura passata alla storia per i suoi poteri preveggenti, grazie ai quali, con un’analisi approfondita della persona che si siede nel suo ufficio cupo, è in grado di comprendere se la persona stessa possa entrare a far parte della squadra e apportare benefici all’azienda.
Come riesca a compiere questa delicata missione non è dato sapersi. L’ipotesi più accreditata è quella di una sorta di sfera magica, attorno alla quale l’HR rotea le sue grandi mani per intravedere e interpretare il responso che tutti attendono.
Così, proprio grazie a questi suoi indiscussi poteri, si è guadagnato nei secoli la stima di tutta l’azienda, che nonostante il suo carattere schivo e misterioso, lo considera una colonna portante e una forza imprescindibile. Nuove sfide si stanno, però, materializzando in questi ultimi anni per il nostro amato HR. Presto, infatti, dovrà dividere la sua scrivania polverosa con una nuova creatura magica e affiancare il suo occhio preveggente a una mente peperina e analitica. Presto ci sarà un nuovo abitante dell’ufficio in fondo al corridoio e il suo nome futuristico è tutto un programma: Europa 2020.
Quali avventure vedranno protagonisti HR ed Europa 2020? Cosa dobbiamo aspettarci dal loro incontro e dall’unione dei loro magici poteri? Una storia tutta da scoprire.
Usciamo di metafora, ma non poi molto, perché – come tutte le favole del resto – queste poche righe nascondono delle grandi verità. Chi si occupa di risorse umane sa dell’imminente sfida che dovrebbe riguardare tutti i paesi membri dell’Unione Europea e che viene per l’appunto identificata con il termine “Strategia Europa 2020”. Di cosa si tratta? Di un programma per la crescita e l’occupazione, iniziato nel 2014 e che dovrebbe concludersi nel 2020. Molti i punti e gli obiettivi posti in essere da questa strategia, inerenti non solo il mondo del lavoro, ma anche la ricerca e lo sviluppo, l’istruzione, la povertà e l’esclusione sociale, i cambiamenti climatici ed energetici.
Una delle parti più interessanti di questa strategia per quanto riguarda il mondo del lavoro e l’occupazione è l’identificazione di un sistema condiviso di valutazione delle competenze dei singoli professionisti nel loro ambito lavorativo. Una sorta di definizione del profilo di ciascuna mansione lavorativa, che possa non solo facilitare le risorse umane interne a ciascuna azienda nel loro lavoro di valutazione e selezione del personale, ma che permetta anche una più facile parificazione del sistema tra i vari Stati Membri e una circolazione più fluida delle risorse in tutto il territorio dell’Unione.
Una sfida senza dubbio impegnativa, che per quanto riguarda l’Italia comporta l’introduzione di modelli completamente diversi da quelli fino a questo momento utilizzati. A oggi quello che il sistema lavorativo italiano permette ogni qualvolta un’azienda assume una figura è comprare il suo tempo. Il contratto che ogni lavoratore firma all’inizio della sua carriera professionale prevede, per l’appunto, che destini 8 ore del suo giorno per 5 giorni della sua settimana allo “stare in azienda”. Il suo ingresso o meno all’interno del team aziendale dipende dalle sue competenze tecniche previste per la mansione specifica e dal grado di attendibilità che in fase di colloquio è in grado di dimostrare.
Nell’approccio americano (quello preso di per sé come riferimento dall’Unione nell’ottica di una maggior competitività dell’Europa rispetto alle altre potenze mondiali) la cosa è ben diversa. L’assunzione è determinata sulla base di obiettivi che in determinati range temporali la risorsa deve perseguire, con modalità e orari congeniali alla stessa risorsa. Inoltre, il termine competenza ha un significato molto più ampio, includendo al suo interno non solo le conoscenze apprese nel sistema d’istruzione, le capacità tecniche e trasversali, ma anche i tratti caratteriali, i valori personali, gli atteggiamenti e le attitudini. A essere scelto per una determinata posizione lavorativa non è solo il lavoratore, ma anche e soprattutto la persona nella sua totalità.
Ecco che la sfida imminente non sarà solo per il sistema imposto dall’alto, ma anche per ciascuna realtà aziendale e l’approccio alla selezione del personale. Sarà sempre più necessario che le persone vengano valutate nella loro completezza, perché in futuro – già ampiamente iniziato – sarà impossibile per determinate posizioni prescindere da concetti come gestione dello stress, capacità di lavorare in squadra, capacità di interfacciarsi con i partner in modo esaustivo, preciso ed educato, problem solving e chi più ne ha più ne metta. Si vedono sempre più spesso persone sbagliate nel posto sbagliato e a rimetterne non è solo la salute della persona stessa, messa a dura prova, ma anche e sopratutto l’azienda e il suo percorso di crescita.
Certo, il cambiamento non è mai facile e immediato, richiede tempo ed energie, specie quando si parla di sistemi che coinvolgono realtà governative. Ma noi crediamo che HR ed Europa 2020 formino proprio una bella squadra e che sapranno regalarci sorprese e soddisfazioni. Siamo dei bambini che ancora credono alle favole? Assolutamente sì e siamo fieri di esserlo.