Il futuro che non ci aspetta. La comunicazione nell’era delle contaminazioni
Lavorare in un mondo così fluido come quello della comunicazione regala soddisfazioni incredibili, tra le quali la più grande e potente è quella che ci permette di modificare la prospettiva di visione delle cose, riducendo il confine tra lavoro e vita ad una sottilissima linea impercettibile.
Da come siamo soliti parlare della nostra professione nei nostri articoli o nei post (#OVOpills) che animano la nostra home page potrebbe sembrare che siamo immersi in un mondo idilliaco, una realtà fatta di gioco, creatività, immaginazione, lontana dalla fatica della quotidianità.
Non è così. È senza dubbio un mondo in grado di incantare, di travolgere, scuotere e risvegliare da torpori generati dal qualunquismo e dalla poca passione che spesso animano certi ambienti, ma è anche una giostra nella quale si prova a stare in piedi con sforzi costanti, che spesso risultato comunque vani.
La frustrazione più grande che prova un comunicatore che si rispetti? L’incapacità di stare dentro al cambiamento.
Tutto intorno a noi si muove un vortice che l’istante successivo è già profondamente diverso da quello prima. L’impegno è massimo: letture, convegni, corsi di formazione, workshop… ma non basta.
Ci sarà sempre un aspetto che non si riesce ad approfondire, un tema sul quale non si riuscirà ad essere sul pezzo come si desidererebbe, un’evoluzione che non si riesce a cogliere nella sua totalità.
Proprio con l’obiettivo di fronteggiare questo tipo di situazioni e rappresentare sempre un riferimento saldo per il cliente si punta alla costituzione di una squadra eterogenea, motivata da interessi e abilità diversissimi.
Ma la frustrazione che il singolo sente nel non riuscire ad abbracciare la totalità degli stimoli che lo circondano è indiscutibile.
Per questo quando ci hanno chiesto se volevamo far parte dell’organizzazione di un evento con a tema il futuro e il cambiamento della nostra professione ci siamo sentiti dentro, come si suol dire, con tutte le scarpe.
Venerdì scorso, nella meravigliosa cornice della Tipoteca Italiana di Cornuda si è tenuto un evento UNICOM (Unione Nazionale Agenzie di Comunicazione) dal titolo più che mai esaustivo: “Il futuro che non ci aspetta. La comunicazione nell’era delle contaminazioni”.
OVOStudio, insieme alle agenzie venete O-zone, Pallino & Co., Aquattro e Sintesi Comunicazione, ha curato la progettazione e la realizzazione dell’evento, che ha visto intervenire 8 esperti di settori diversissimi, accomunati dalla riflessione sul ruolo della comunicazione nel loro campo di riferimento e dal suo mutare secondo il cambiamento delle circostanze e delle contaminazioni sociali, culturali ed economiche che animano il nostro tempo.
Tutti gli interventi hanno avuto come filo conduttore la necessità di ridefinire continuamente i confini della propria professione e della propria comunicazione, in nome di quel tempo mai uguale a se stesso, in grado di scorrere velocissimo tra le nostre mani mentre siamo impegnati a comprendere se lo stiamo sfruttando al meglio.
Dall’evento di venerdì ci siamo portati a casa innanzitutto la bellezza di un lavoro portato a termine nella totale collaborazione tra agenzie. Saper mettere da parte invidie e competizione in vista di un obiettivo comune è dimostrazione di lungimiranza e di appartenenza non solo ad una categoria lavorativa, ma ad un mondo nel quale non si può vivere se non a stretto contatto con il gomito del proprio vicino.
Ma la riflessione che più ci ha colpiti e che in parte riesce a generare in noi una sensazione di sollievo rispetto alla frustrazione di cui abbiamo parlato è quella condivisa durante il suo intervento da Fabio Fassone, direttore marketing della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, che vi regaliamo in tutta la sua semplicità e potenza: “Faccio parte di una generazione che ha creduto molto nel multitasking. La realtà è che, arrivato a 40 anni, ho compreso che il multitasking non esiste. Il nostro cervello è sì veloce a passare da una finestra all’altra, ma non è in grado di gestirne molte contemporaneamente. Dobbiamo tornare al qui e ora, all’ambiente in cui ci troviamo, pena la perdita del bello di tutti gli ambienti nei quali crediamo di vivere”.
Quando ci troviamo, quindi, compressi da TUTTO quello che dobbiamo fare nel poco tempo a disposizione, concentrarsi in quello che si sta facendo, immergendosi totalmente nell’azione, sembra essere il più potente antidepressivo che esista.