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Fantometica!

sfogo

Oggi comunicare sembra diventata più che mai rispetto al passato un’attività di fondamentale importanza. Si comunica e si interagisce in continuazione, cellulari sempre reperibili, presenza costante sui social network per postare e condividere. Le imprese, si sa, hanno sempre necessità di comunicare il proprio marchio, i propri prodotti, di farsi conoscere dal proprio mercato di riferimento. E tutto ciò è diventato ancora più importante ora, con la crescita dei mercati e dei competitors dovuta alla globalizzazione. Quello che, però, non deve essere perso di vista è cosa ciò significhi comunicare. Fare pubblicità non significa saper utilizzare programmi di grafica e creare impaginazioni che attirino l’attenzione. O quantomeno non è solo questo. Dietro la creazione di una campagna pubblicitaria, come di un semplice banner da inserire su web, c’è lo studio dell’impresa e del marchio da comunicare, c’è un’analisi del mercato e una valutazione di cosa esso sia pronto a comunicare, a vendere, a "vedere". C’è una ricerca accurata (e per nulla facile) di immagini e testi che riescano a comunicare coerentemente ed efficacemente il messaggio e non per ultimo c’è la difficoltà di rendere tutto ciò esteticamente gradevole.

Non ci si può improvvisare comunicatori ed è per questo che esistono agenzie e professionisti specifici per tale lavoro. Ciò che, però, sembra l’atteggiamento generale nei confronti di questo genere di lavoro è simile all’atteggiamento che le imprese possiedono con uno qualsiasi dei propri fornitori. Si chiama, si ordina un “prodotto” che si esige anche in tempi relativamente brevi, si protesta per lavori che non piacciono o che non sembrano utili per lo scopo per cui sono stati creati (come se un’agenzia di comunicazione potesse lavorare contro gli interessi dei propri clienti). Per non parlare, inoltre, del caso in cui si venga contattati per avere un progetto da cui partire, da cui avviare appunto la comunicazione di impresa. In questo caso un’agenzia lavora giorno e notte, entusiasmandosi per il nuovo obiettivo da raggiungere e dedicando tutto il proprio talento e la propria professionalità ad un nuovo obiettivo. Il risultato è che molto spesso si deve passare i successivi mesi a “rincorrere” letteralmente persone che non si fanno rintracciare, che si mascherano dietro le povere impiegate che devono rispondere al telefono inventando quotidianamente scuse diverse. Il tutto quando basterebbe una semplice frase che dica i motivi, più o meno soggettivamente validi, per cui il progetto non è piaciuto o per cui si è scelta un’altra alternativa. OK, il sistema di lavoro in azienda è 90% politica... quindi forse proprio per questo sbagliato.

Ed è qui che entra in gioco la FANTOMETICA.
Nel mondo del lavoro, come nella vita privata, è richiesta un’etica comportamentale, un rispetto dell’altro, del suo lavoro e del tempo che dedica a cercare di soddisfare le nostre aspettative. E questo non perchè chi non lo fa rischia di andare all’infermo ma perchè quella volta siamo stati creati per convivere e convivere senza un rispetto e un’attenzione reciproca è un’utopia. L’etica è necessaria, sempre e ora più che mai. Richiederla, se non addirittura pretenderla, senza assicurarla a propria volta sembra un po' il gioco che al giorno d’oggi piace fare. Stiamo rischiando di trasformare l’etica in una FANTOMETICA, che oltre a rovinare i rapporti umani, rischia di sminuire e scoraggiare quelli lavorativi.

La comunicazione è importante, ma lo è tutta, in qualsiasi suo aspetto. Non possiamo pretendere di comunicare un messaggio, un brand, un prodotto se prima non riusciamo a comunicare noi tra persone, nel rispetto l’uno dell’altro e nel rispetto del lavoro del singolo. La comunicazione non è una cosa selettiva, che possiamo attivare solo quando ci va o ci fa comodo. Torniamo (o impariamo) a comunicare prima con gli altri individui, privatamente e lavorativamente, e forse riusciremo ad essere più coerenti, efficaci e credibili anche nelle nostre imprese.

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